sabato 15 settembre 2007

Broken windows - sicurezza in primo piano

In principio fu l’indulto. Approvato in apertura della XVI legislatura, con i voti di entrambi i poli per far fronte alla condizione di affollamento disumano delle carceri italiane, questo provvedimento ha fatto da detonatore dell’opinione pubblica sul tema della sicurezza. A fronte dei numeri(*), che pure su alcuni fenomeni rilevano degli incrementi, il termometro della percezione ha cominciato a segnare sbalzi d’ansia ad ogni nuovo caso di cronaca. Dei circa 26.000 indultati, ad esempio, nei 6 mesi successivi solo il 12% è tornato in carcere, anche se come rileva un rapporto dell’Abi, nello stesso periodo si è registrato un aumento notevole delle rapine agli sportelli bancari, mentre secondo i dati del ministero dell’Interno gli altri fenomeni criminali si assestavano su valori consueti o anche decrescenti. Eppure ad ogni sporadico assalto in villa, come il recente episodio dei coniugi di Treviso massacrati da tre rumeni, ad ogni delitto, i cinesi a Milano, la ragazza della metro di Roma, il bus di linea sequestrato da tre albanesi, cresceva l’ansia registrata dai mass-media ed in breve la sicurezza ha conquistato la vetta dell’agenda politica su cui si confrontano gli opposti schieramenti.
Il vero terreno di confronto peraltro è quello della microcriminalità. È lì che le antenne sono più sensibili, poiché come ha fatto notare Ilvo Diamanti nella recente ‘mappa della paura’ su Repubblica, non solo gli artefici, ma anche le vittime appartengono prevalentemente agli strati più popolari e marginali della società.
Mentre si moltiplicano le iniziative e le proposte periferiche per ristabilire la legalità, dalle ricette definitive di certi leghisti come il sindaco di Treviso Gentilini a quelle di altre amministrazioni che invocano più poteri di polizia e sperano di poter applicare la dottrina Giuliani, il Governo è pronto a varare un piano di sicurezza ed ha appena presentato un dossier ricco di cifre(*).
Si spera che l’urgenza del confronto democratico su questo tema, in questo delicato passaggio politico, non porti a soluzioni buone soltanto a replicare la stampa favorevole che ha accompagnato analoghe iniziative in altri paesi, né che recenti proposte come quella dell’istituzione di una banca dati del Dna possano essere la panacea, dal momento che non possiamo essere certi che l’aumento della capacità di identificazione, oltre alle implicazioni per la privacy dei cittadini, non finisca per creare uno stato (con la esse minuscola) di polizia.

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